A un anno dall’inizio della pandemia tutti noi cominciamo a fare un triste resoconto su come la nostra vita sia cambiata nell’ultimo anno.
Un bilancio
Nella fase iniziale il primo e fondamentale cambiamento con cui fare i conti è stato il sentimento di sgomento e di incertezza su pressoché tutto. Di punto in bianco ci sono venuti meno i punti di riferimento essenziali come la scuola o la possibilità di recarsi dal medico di base o di abbracciare i nostri cari.
Di più, ci è stato detto che saremmo potuti essere un pericolo per i nostri cari e che amarli significava stare lontani. Anche solo questo basterebbe a spiegare il cambiamento di paradigma a cui si è dovuto forzatamente adeguare il nostro cervello per il quale invece amare significa naturalmente vicinanza e contatto.
Siamo stati così privati del contatto sia fisico che sociale che noi tutti sappiamo essere fondamentale per l’equilibrio e il benessere psichico. In particolare, i nostri bambini e adolescenti, i quali hanno subito un vero e proprio trauma collettivo, il più importante dai tempi della guerra.
Ci vorranno anni per capire e valutare l’impatto di almeno un anno (solo fin qui) di distanziamento e isolamento a vari livelli e di rinuncia alle attività aggreganti così fondamentali per il corretto sviluppo della loro personalità.
Di punto in bianco i bambini hanno smesso di giocare in libertà, senza potersi più toccare, talvolta faticando anche a parlarsi per via della mascherina e i ragazzi non hanno più potuto fare gruppo.
Un mondo online
È aumentato così drammaticamente il tempo di utilizzo dei devices, attraverso i quali non solo era possibile frequentare le lezioni scolastiche, ma era anche l’unica possibilità di distrazione e intrattenimento; soprattutto laddove i genitori, provati a loro volta dall’isolamento forzato, dovevano con fatica trovare il modo di lavorare on line sforzandosi di non farsi distrarre dalla presenza dei figli.
Veniamo così agli adulti, privati per la maggior parte del loro “territorio” lavorativo o, se single, comunque rintanati in casa come polli da ingrasso.
Conseguenze psichiche
Dopo la prima settimana, vissuta come una specie di vacanza, questa situazione così anomala ha messo a dura prova la resilienza di tutti. Da operatrice sanitaria non posso non notare come questo è stato un fattore precipitante di situazioni già a rischio, in primis nel caso di famiglie caotiche o, per esempio, di persone tendenzialmente depresse, con disturbi alimentari o da abuso di sostanze. Un dato solo per esemplificare: sono vertiginosamente aumentate i casi di phone addiction, altrimenti detta dipendenza da cellulare.
Improvvisamente, l’altro che mi aiuta, che mi contiene, che mi rispecchia non c’era più, se non on line. Spenti i devices, c’erano solo le mura di casa e il cibo o qualche sostanza a tenermi compagnia: sia essa lo zucchero o il bicchiere di vino o la sigaretta.
C’è stato anche chi – a dire il vero pochi – si trovava già da prima in una condizione di apertura personale e ha saputo cogliere nella pandemia l’occasione per fermarsi e fare un bilancio della propria vita o per dedicarsi alle cose che avrebbe voluto fare da tempo, come imparare a fare il pane. Spiriti tendenzialmente positivi ma non per questo non provati da tutto il resto: dal sentimento di tristezza e incertezza diffuso, dalla conta quotidiana dei morti, dalle saracinesche abbassate.
Crisi economica e anziani
Così il mio pensiero va a coloro, commercianti e ristoratori, che dopo questa pandemia dovranno dichiarare fallimento, anche se in realtà il fallimento non è il loro, ma probabilmente quello di un sistema che non ha saputo tutelarli, continuando a chiedere tasse a fronte di rimborsi simbolici quasi sempre non sufficienti neppure per le spese vive, quali l’affitto e le bollette. Padri e madri di famiglia che in questo momento stanno pensando a cosa diavolo inventarsi per poter sbarcare il lunario quando tutto questo sarà finito.
Anche gli anziani certo sono stati provati, da sempre considerati e apertamente dichiarati come quelli più in pericolo. Molti sono morti senza poter vedere i propri cari e tanti sono quelli che hanno visto decimarsi la cerchia di coetanei. Tra coloro che comunque hanno vissuto una vita intera, credo che i più saggi intuiscano come il peggio di questa situazione sia per chi resta. Per chi porterà vita natural durante, le conseguenze sia psicologiche che economiche di questa devastazione chiamata pandemia da Covid-19.
Letizia Cingolani
(Articolo pubblicato in Rivista dell’ANAP)