Fin dalle elementari la maggior parte dei bambini possiede già un cellulare, attraverso cui connettersi alla rete.
Si stima che nella fascia d’età dai dodici ai quindici anni, complice la maggior autonomia, sia sempre più diffuso un utilizzo pressoché incontrollato del web.
A partire da questa età, infatti, circa quattro ragazzi su dieci controllano compulsivamente la posta elettronica e Facebook, sperando di aver ricevuto messaggi;
La metà dice di perdere la cognizione del tempo quando è online, mentre, uno su cinque, dice di sentirsi irrequieto, nervoso e triste se non può accedere al web.
E così il loro naturale desiderio di comunicare, aprirsi al mondo, incontrare nuove persone, appartenere a un gruppo deraglia sempre più di frequente sul social.
Il social tampona il senso di solitudine dei ragazzi e offre loro, spesso senza neppure dover uscire di casa, un’opportunità di svago e di alleggerimento dei problemi reali (siano essi familiari, scolastici o di relazione);
così possono evadere da un mondo percepito come ostile o vuoto e accedere, magari con un nickname, in un mondo virtuale. In questo lo stress, l’ansia e la depressione non fanno che favorire tale fuga.
La cosiddetta “web addiction”
Se è vero che pressoché tutti i giovani sono attratti dalla rete. Nel caso della dipendenza, la possibilità del ragazzo di soddisfare altrimenti i propri bisogni relazionali è pressoché annullata, tanto che costi finisce col vivere la maggior parte del suo tempo sulla rete.
Alla perdita di interesse per le persone che appartengono alla vita reale si accompagnano, nel caso della dipendenza, anche sintomi fisici, quali perdita od aumento di peso, problemi di sonno, cefalee, problemi alla vista.
Va da sé che a tali sintomi si accompagni poi una notevole fatica nello svolgere i compiti scolastici, con le conseguenti ricadute in termini di voti e di autostima.
Un vero e proprio contagio
A rischio non solo solo i giovanissimi; disoccupati e scoraggiati, ovvero quelli che il lavoro hanno proprio smesso di cercarlo, si rifugiano sempre più di frequente sul web, magari alla ricerca di siti in cui si può vincere facilmente qualcosa.
Ecco perché la dipendenza dal web si accompagna così di frequente a quella da gioco patologico. Questo anche perché chi è soggetto alla dipendenza, lo è tendenzialmente alla dipendenza nelle sue diverse forme.
Da ogni dipendenza, però, si può uscire, purché si sia disposti a lavorare su più piani.
La connessione virtuosa
Intanto, quando si prende in carico un giovane che ha problemi di dipendenza, va stabilita una “connessione virtuosa” con la rete sociale reale, familiare e scolastica.
Trovarsi soli davanti all’oggetto della propria dipendenza renderà più facile ricadere.
Si dovrà puntare parallelamente al consolidamento della struttura interna della persona, cioè aiutarla a capire chi è e cosa vuole dalla vita, aldilà del social, puntando così a fortificare l’identità e l’autostima.
Lavorare sull’autostima
Un’autostima reale e consolidata, basata non solo su quello che sono in grado di fare, ma sul sentimento del mio valore personale, è quanto di più importante si possa avere per scongiurare una dipendenza.
Se sull’aspetto dell’autostima anche la scuola può fare tanto, nella limitazione dei mezzi informatici la famiglia rimane fondamentale; prima si comincia a lavorare su questi due fonti, meglio sarà.
I ragazzi si arrabbieranno, dicendo che i genitori dei compagni li lasciano per più tempo e che così si annoieranno a morte.
La sana noia
Tenere duro in questo caso significa passare un doppio insegnamento: che una cosa non è buona per il semplice fatto che la fanno tutti e che la noia allena l’ascolto di sé e il pensare.
Magari verrà loro in mente che esistono anche modi alternativi di trascorrere il tempo, come lo sport, la lettura e l’ascolto di buona musica. Strategie che da sempre hanno aiutato l’uomo a sentirsi meno solo.
Letizia Cingolani
(Articolo pubblicato in Rivista dell’ANAP)