Diversità di reazioni
Molti si chiedono come mai le persone rispondano in modo così diverso alle stesse circostanze dei vita. Perché ad esempio, all’interno di uno stesso contesto familiare carico di aggressività e conflittualità, uno dei figli diventi posato e responsabile e uno avventato e ribelle;
uno psichiatra e l’altro psicotico se volessimo usare un aneddoto della letteratura psichiatrica di inizio secolo.
Uno dei concetti che più ci illumina a tale riguardo è quello di “resilienza”, dall’inglese resilience, concetto su cui molto si dibatte in psicologia clinica, psicologia delle organizzazioni e dello sviluppo.
Cos’è la resilienza?
Potremmo definire “resilienza” la capacità di riprendersi e trasformare in esperienza e bellezza gli eventi spiacevoli o traumatici della vita; la forza che ci spinge a reagire in senso attivo e propositivo nei confronti delle avversità.
Un’immagine molto bella in natura è quella della perla, che si origina dal buco della conchiglia da cui entra un granello di sabbia e a cui la conchiglia risponde lavorandole attorno una perla.
Parte di questo atteggiamento verso la vita in parte è innato e in parte si sviluppa all’interno di relazioni significative,
magari anche con persone esterne alla famiglia come un insegnante, un fratello o con amici particolarmente intimi.
Un comportamento appreso
Infine, anche l’esperienza gioca il suo ruolo, poiché ogni volta che reagiamo con forza e lungimiranza ad una avversità,
si innesca un circolo virtuoso sull’immagine che ciascuno ha di se stesso, circostanza che predispone a sua volta ad essere più resilienti in futuro.
Ogni volta che aiutiamo nostro figlio ad attendere il suo turno, a ricostruire pazientemente un gioco poco prima distrutto,
a perdonare chi gli ha fatto un torto, lo stiamo rendendo più resiliente nei confronti delle avversità che troverà nella vita.
La buona notizia è che anche se non si è creata in giovane età, questa caratteristica si può comunque sviluppare da adulti, pur se con maggior fatica.
Non è mai troppo tardi …
La fatica è proporzionale all’età in cui comincia, ma posso garantirvi di aver visto persone di età avanzata impegnarsi in questo arduo compito che, con l’andar del tempo, è diventato piacevole.
Il bello della resilienza è che ci fa sentire forti e al nostro posto nel mondo, capaci di attendere e non prevaricare, capaci di tollerare fatica e non arrenderci di fronte alle avversità.
Un esempio concreto
La mia professoressa di Filosofia fu capace di interrogarmi dieci volte consecutivamente non so se perché ce l’avesse con me o se per aiutarmi a sopportare la fatica e a forgiare il carattere.
So solo che mi è servito e che dopo vent’anni me lo ricordo ancora. Non ero preparata alla prova, come nessuno di noi è preparato alle prove che la vita ci riserva,
ma già predisporsi alla vita sapendo che ci saranno delle prove che esigeranno da noi dei cambiamenti può essere di grande aiuto.
Le difficoltà che forgiano il carattere
Tutte le volte che pensiamo agli ostacoli della vita non come a qualcosa di insormontabile ma come a delle occasioni per crescere, magari aiutandoci creando delle mete raggiungibili, aumentiamo la nostra resilienza.
Aumentiamo la nostra resilienza ogni volta che superiamo un ostacolo senza lamentarci, ogni volta che prendiamo delle decisioni, anche se poi si rivelano sbagliate.
L’importante è mantenere le cose sempre in prospettiva ed essere aperti a nuovi punti di vista e all’aiuto degli altri:
Se anche non è in tuo potere cambiare una situazione che ti crea dolore, potrai sempre escogitare l’atteggiamento con il quale affrontare questa sofferenza”.
Viktor Frankl
Come a dire che si può essere positivi anche nel riconoscere la propria impotenza, laddove questo ci consente di incanalare le energie su quello che, invece, si può fare.
Letizia Cingolani
(Articolo pubblicato in Rivista dell’ANAP)